
Durante la loro esperienza presso la Caritas Napoli i nostri giovani, accompagnati dal nostro direttore Don Armando Zappolini e dal nostro vice direttore Don Udoji Onyekweli, hanno potuto incontrare l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia. Pubblichiamo il racconto di questo incontro: un incontro prezioso con un uomo che sa abbracciare i più fragili.
A volte, la sera, esce dal suo palazzo in incognito. Incappucciato come una creatura della notte per non farsi riconoscere. Per amare come a lui piace fare, liberamente e incondizionatamente. La sua voce è calma e soave come se venisse da leggiadri giardini celestiali. Ogni parola, però, è una goccia di consapevolezza. Quella consapevolezza che un uomo che legge dentro l’umanità riesce a fare propria. In ogni essere umano arde quel roveto di fuoco nel quale Mosè sul Monte Sinai avvertì la presenza di Dio. Un fuoco che non si spegne neanche nel buio dei vicoli disagiati di Napoli, una città che ha bisogno di essere abbracciata. Un abbraccio che manca e che, se dato, può cambiare e salvare la vita.
Don Mimmo Battaglia dona quest’abbraccio ai senza tetto della città, ai giovani immigrati, a chi vive la strada, a chi non ha più niente e più nessuno.
È l’arcivescovo di Napoli ma di notte nessuno lo sa. Non è importante esserlo in quelle vie dove la sofferenza e la solitudine regnano, lì accanto a quei corpi non visti, scaraventati negli angoli dimenticati dell’urbanità, lui diventa uomo tra gli uomini, lui diventa ultimo tra gli ultimi.
Come quella sera che nei pressi della stazione Garibaldi ha incontrato un altro sé. Si nascondeva sotto una coperta lercia avvolto di stracci. “Hai mangiato?” chiese all’uomo. “No”, rispose. “Vuoi venire con me conosco un posto qui vicino dove puoi stare al caldo e ti daranno anche del cibo. Vieni?” “No non vengo”. Il suo interlocutore non arretrò di un millimetro. “Perché non vuoi venire?”. “Perché lì mi chiedono i documenti e io non li ho”. “Stai tranquillo li conosco bene e non te li chiederanno”, ma neanche quella rassicurazione convinse l’uomo che non reagì e continuò a rimanere nel suo giaciglio. Fino a quando da lontano un gruppo di ragazzi, con in mano dei termos di tè caldo, impugnati come lampare capaci di fasci luminosi in grado di illuminare a giorno, un nuovo giorno… si avvicinarono al senza tetto e al vescovo. Il loro vescovo! Quei giovani erano seminaristi volontari della Diocesi di Don Mimmo. Lo riconobbero e lo salutarono con un abbraccio caloroso. Fu quell’abbraccio che sciolse le resistenze di quell’uomo che allora si mosse per incontrarlo e chiedergli una sola cosa. “Ti prego dammi una benedizione”. Don Mimmo sorpreso gli disse: “come ti chiami?”.
“Mimmo” …
È proprio vero che il Signore ti invia segnali inaspettati, ti lancia messaggi che in una notte riescono a rivelarti tutto. Mimmo lo specchio di Mimmo. In ogni essere umano possiamo incontrare l’altro noi stesso, possiamo vedere il riflesso che non viviamo ma che avremmo potuto vivere. Ecco perché siamo essere umani tra gli esseri umani, un’umanità in cammino che non deve dimenticarsi dell’altro, ma che deve sapere che ogni notte dietro la porta di un palazzo ci sono quelli che non mangiano, non dormono, non sono visti e soprattutto non sono abbracciati.
Don Mimmo questo lo sa. E’ per questo che non può rinunciare alle sue uscite notturne nella Napoli che ha bisogno di amore.
Quell’amore che incarna anche la sua croce da vescovo, una croce in legno, povera, senza oro e argento, che lo accompagna nella sua vita “ufficiale” di ogni giorno e che non gli fa dimenticare cosa c’è là fuori: un’umanità che vuole essere vista e che vuole essere abbracciata.
Mimma Scigliano
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